Circa 50 km dalla punta più a nord, Grisciano, a quella più a sud, Castel Sant’Angelo. E 30 km dalla punta orientale nell’area di Amatrice a quella occidentale di Santa Rufina.
Un paradiso al centro dell’Italia, nel Lazio, sospeso tra montagne svettanti, laghi incastonati tra le valli, fiumi e cascate spettacolari. Luoghi di incantata bellezza, in grado di esprimere il forte appeal di un territorio dove acqua e terra convivino in modo armonioso da sempre.
Il Gran Sasso e i Monti della Laga

Racchiusi in uno dei più vasti parchi d’Europa, il Gran Sasso e i Monti della Laga custodiscono ecosistemi, paesaggi, flora e fauna straordinari: il terreno, le alte quote, le rocce, le numerose specie di animali e di piante, le immense foreste, le profondi valli, la ricchezza di acque superficiali esprimono una parte di natura incontaminata e magica. Lo stesso paniere dei prodotti del parco presenta un’eccezionale diversificazione, dalla lenticchia di Santo Stefano e la segale, coltivate in alta quota, all’antica varietà della Patata Turchesa, recuperata grazie al lavoro di agricoltori-custodi, fino alle peculiari varietà di piante aromatiche (sia coltivate che spontanee). Tre le regioni interessate dal parco: l’Abruzzo, le Marche e il Lazio con la provincia di Rieti. A cavallo tra il territorio abruzzese e quello laziale, tra il comune di Amatrice e quello di Crognaleto, sorge in particolare la montagna più elevata dell’Appennino, e dei Monti della Laga, il Monte Gorzano (2.458 metri), che è possibile scoprire attraverso un sentiero che parte da Capricchia, sul versante di Amatrice.
Info: www.gransassolagapark.it
Le cascate della Laga

Verde, boscoso e ricco d’acqua: è l’identikit del paesaggio dei Monti della Laga, le cui rocce (composte da arenarie più o meno dure) sono impermeabili e quindi in grado di determinare ‘giochi acquatici’ in superficie, che si traducono in scenografiche sequenze di cascate tra brughiere, boschi e soprattutto salti rocciosi, caratteristici di questa zona. Celebri sono le cascate dei Fossi di Selva Grande e dell’Ortanza e quelle delle Barche sul versante amatriciano, da vedere in primavera ma anche in inverno quando si rivestono di ghiaccio.
Lago di Scandarello
Sorto nel 1924 dallo sbarramento del torrente Scandarello, affluente del fiume Tronto, è un incantevole bacino artificiale caratterizzato da una varia vegetazione (anche sommersa) e da un’importante fauna ittica. Il lago è infatti anche la meta preferita dei pescatori, grazie alle sue acque popolate da persici trota, tinche, carpe, trote iridee di immissione e lucci, insieme ad altre specie ritenute meno importanti quali scardole, carassi e alborelle. Si può praticare anche la pesca sportiva. E’ lungo quasi 3 Km, con una profondità media di 30 metri (il punto più profondo, La Diga, è 55 metri con massimo invaso) ed un perimetro complessivo di 11 km, che può essere percorso completamente o solo per alcuni tratti per ammirare le montagne che si stagliano intorno alla conca: ad est la Laga, a nord il Vettore, l’Utero e il Pozzoni.
Nel giugno del 1944, le truppe naziste in ritirata, minarono con ben 56 quintali di esplosivo la diga del lago. L’incombente pericolo, che avrebbe spazzato via buona parte della vallata del Tronto provocando migliaia di vittime innocenti, fu scongiurato grazie alla coraggiosa azione di un gruppo di giovani amatriciani che non esitarono a mettere in gioco la propria vita, riuscendo a rimuovere l’intero carico esplosivo. L’eroico gesto, con i nomi dei protagonisti, è impresso nel marmo di una lapide incastonata sulla diga.
Lago di Paterno
Passato alla storia come Lacus Cutiliae, questo piccolo laghetto di origine carsica ospitava un‘isoletta in cui sorgeva un santuario galleggiante dedicato alla Dea Vacuna, veneratissima dagli antichi sabini e dai romani e legata alla terra e all’acqua, ma anche alla fertilità, alla contemplazione e soprattutto al riposo. Dominato dai maestosi ruderi della villa di Vespasiano, il Lago di Paterno (Castel Sant’Angelo), era noto per le proprietà benefiche delle sue acque (sorge infatti nei pressi delle Terme di Cotilia). Per la sua ubicazione, quasi al centro dello Stivale, fu ritenuto da Varrone l’ombelico d’Italia (“Umbilicus Italiae”).
Fiume Velino
Dalle falde del Monte Pozzoni (m 1.903), a Cittareale, prende origine l’odierno fiume Velino che in un lungo percorso precipita fino al Nera formando la spettacolare cascata delle Marmore. Prima sfiora le pendici del monte Terminillo (Gole del Velino) e del monte Giano, bagnando Antrodoco, dove incontra le maggiori sorgenti dell’Appennino, quelle del Peschiera, e arrivando nella piana di Rieti. Un valle, quest’ultima, che in epoca pre-romana era paludosa e malsana per via del fiume stesso che la inondava. Fu il console Manlio Curio Dentato, nel 271 a.C., a bonificare la zona per primo, realizzando un canale (il Cavo Curiano) che facesse defluire le acque verso il salto naturale di Marmore. In seguito, furono costruite opere d’ingegneria idraulica, volte allo sfruttamento idroelettrico e industriale delle acque. Oggi infatti la rete Nera-Velino rappresenta il complesso idroelettrico di maggiore potenza dell’Appennino.
